Le indagini sugli alpeggi non bastano a fermare una pratica diffusa da ormai quasi 15 anni in Piemonte.

ECCO LE SOLUZIONI ALLA SPECULAZIONE: ATTUATELE!

L’Adialpi scrive al Ministero all’Agricoltura e alla Regione Piemonte: “ora tocca a voi!”


Il Presidente dell'Adialpi, Giovanni Dalmasso
Il Presidente dell'Adialpi, Giovanni Dalmasso

L’Associazione Difesa Alpeggi Piemonte (ADIALPI) ha inviato un documento, al Ministero delle Politiche Agricole e agli Assessorati piemontesi all’Agricoltura e alla Montagna, in cui viene descritta l’attività del margaro, la nascita della speculazione sugli alpeggi e le possibili soluzioni.

“Se queste proposte venissero attuate- spiega Giovanni Dalmasso, Presidente Adialpi - il 99% delle problematiche legate alle speculazioni sugli alpeggi verrebbero eliminate. Le nostre sono proposte concrete, che necessitano dell’immediata  esecuzione, tocca alla politica darne attuazione. Da molto tempo (troppo tempo!!!) segnaliamo queste assurde situazioni sui nostri pascoli, ora sono state fatte delle indagini ma questo non basta a smascherare un sistema diffuso in ogni vallata del Piemonte, oserei dire in ogni comune in cui sia presente un alpeggio. Condannare i truffatori è utile ma non basta; la politica deve fare un altro passo, deve cambiare le regole, le leggi che permettono queste speculazioni: non lasciamo che per un’inefficienza normativa, un intero settore venga irrimediabilmente danneggiato.

Ormai il danno è stato fatto, molti margari hanno perso l’alpeggio, altri non prendono i premi comunitari da diversi anni: è l’ora che tutti si rendano responsabili di questa situazione, ne va del bene di tutta la società, non solo dei margari.”




Di seguito il documento inviato.




ADIALPI – ASSOCIAZIONE DI FESA ALPEGGI PIEMONTE

Località Cros Forant sn

12030 Crissolo –CN

info@adialpi.it  -  www.adialpi.it  

Ufficio di Presidenza: 347 8851706

 

Al   Ministro delle Politiche Agricole

Alimentari e forestali, On. Maurizio Martina

Via XX Settembre, 20 – 00187 Roma

 

All’Assessore all’Agricoltura della Regione

Piemonte, dott. Giorgio Ferrero

Corso Stati Uniti, 21  - 10128 Torino

                   

 E.p.c                           Al   Vice-Ministro delle Politiche Agricole

Alimentari e forestali, On. Andrea Olivero

Via XX Settembre, 20 – 00187 Roma

 

All’Assessore alla Montagna della Regione

Piemonte, dott. Alberto Valmaggia

Corso Bolzano, 44  - 10121 Torino

 

Oggetto:

LA PRATICA DELL’ALPEGGIO: DA ATTIVITA’ ZOOTECNICA AD AZIONE SPECULATIVA.

Una “truffa legalizzata” che si protrae da molti anni sui pascoli del Piemonte sotto gli occhi indifferenti di una politica insensibile alle problematiche degli allevatori e della montagna.

 

Speculazioni. Truffe. Indagini. Corruzione. Fondi pubblici. Magistratura. Arresti.

Di cosa stiamo parlando? Di alpeggi, di pascoli e di allevatori, di una pratica zootecnica insomma, nulla di più. Come ci sia potuti arrivare a questo punto è del tutto anomalo, direi quasi impossibile da capire per chi non conosce quale sia stata l’evoluzione del sistema che ha portato un settore importantissimo dell’agricoltura, la pastorizia appunto, alla sua distruzione per colpa di azioni speculative. Il tutto sotto gli occhi della politica, delle organizzazioni e delle associazioni agricole, senza che nessuno intervenisse: una pratica che nasce agli inizi del 2000 e che ancora oggi non sembra essere giunta al termine.

Quel che maggiormente ci stupisce è il fatto che le soluzioni ci sono, le proposte negli anni non sono mancate ma “qualcuno” non ha agito, vuoi perché non ha voluto cambiare, vuoi perché non è stato in grado di comprendere la gravità del problema: fatto sta che sono dovuti intervenire gli organi di controllo, Guardia di Finanza e Corpo Forestale dello Stato, per poter mettere in luce queste tristi situazioni che null’altro interesse avevano per il bene dell’agricoltura se non quello di poter intascare fondi pubblici destinati alle aziende agricole.

Ormai un intero settore è stato danneggiato, una pratica rarissima e molto antica, il margaro, rischia di scomparire dalle nostre montagne, purtroppo non ci sono più soluzioni al problema ma si possono a mala pena limitare i danni.

È inutile puntare il dito contro chi è stato indagato in queste presunte truffe, la realtà è ben più grave, ormai le azioni speculative sono diventate l’ordine del giorno sugli alpeggi, un sistema consolidato da ormai 15 anni in cui la pratica zootecnica quasi non viene più considerata, se non per i pochi vincoli dettati dalla “condizionalità” che richiede la dimostrazione dell’effettivo pascolamento degli animali per poter accedere ai fondi comunitari. Le radici del problema risiedono in una classe politica insensibile ai problemi degli allevatori e della montagna.

Sperando nella buona fede della politica e, soprattutto, nella buona volontà di porre un rimedio utile a queste “truffe legalizzate”, l’Adialpi intende ancora una volta informare su quali sono le soluzioni da adottare, un insieme di provvedimenti capaci di colmare quelle lacune normative che danno spazio alla speculazione; in fondo basta poco per rendere il sistema inattaccabile… basta volerlo!

Prima però è utile fornire una descrizione sul mestiere del margaro, sulla pratica zootecnica dell’alpeggio e sull’origine dei premi comunitari all’agricoltura.

 

L’attività zootecnica

Il margaro è una figura particolare di allevatore che possiamo trovare quasi esclusivamente in Piemonte, in particolare nelle province di Cuneo e Torino. Il termine margaro deriva da margheria, che significa mandria, quindi il margaro è colui che conduce la mandria: nello specifico la sua unica proprietà e fonte di reddito è il proprio allevamento e non si occupa di altre attività (coltivazioni, fienagione, boscaiolo,.. tipico dei “classici” contadini in ogni altra zona d’Italia) ma si limita ad accudire i propri animali oltre a trasformare il latte in formaggi tipici d’alpeggio. Le loro mandrie sono costituite da 40 a 400 capi, generalmente 100/150.

La figura del margaro è molto caratteristica, intraprendente, ricca di ritualità per gli spostamenti delle mandrie tra la pianura e l’alpeggio, e soprattutto per essere dei veri “maestri” nella cura dei bovini e dei parti distocici, frutto di grande passione ed esperienza esercitata su decine e decine di animali ogni anno nelle loro stalle.

Questa attività, praticata da oltre un secolo, si è diffusa soprattutto a partire dalla seconda metà del ‘900 per motivi principalmente economici. Possiamo dire che i margari sono allevatori che, volendo ingrandire le loro mandrie per motivi economici, hanno lasciato la loro attività di contadini e boscaioli e sono scesi a valle alla ricerca di cascine in affitto per “svernare” per poi tornare in montagna per l’alpeggio.

L’alpeggio è il “pascolo sulle Alpi” che si svolge nei mesi estivi, tradizionalmente dal 24 giugno (San Giovanni) al 29 settembre (San Michele), raggiunto partendo dalle cascine di pianura: il viaggio di salita e di discesa dai monti è detto “transumanza” e viene effettuato, a seconda delle distanze tra alpeggio e cascina, a piedi oppure per mezzo di camion per il trasporto degli animali. La transumanza è caratterizzata dall’utilizzo dei “rudun” o “tupin”, campane molto grandi con un suono grave e profondo, in numero sempre molto limitato perché molto costose, che vengono usate quasi come ornamento e simbolo di festa per la transumanza.

Non tutti i margari sono proprietari di pascoli alpini, quindi devono affittare gli stessi o da privati, che non praticano l’alpeggio, o dai Comuni delle vallate. Fin dai tempi più antichi, e ancora oggi, il margaro cerca i pascoli più ricchi di acqua, rivolti sul versante della valle più esposto al sole in modo da avere una vegetazione più appetibile per la mandria, con pendii non pericolosi per il bestiame, in cui sia presente un’abitazione e un locale di caseificazione possibilmente accessibile con le automobili. Pochi sono gli alpeggi che soddisfano tutte queste esigenze, e quindi sono ricercati da tutti. I pascoli comunali sono oggetto di aste alle quali possono partecipare tutti gli interessati, salvo alcuni casi in cui i regolamenti comunali stabiliscono che possono partecipare solo i residenti del luogo.

La fonte di reddito principale dei margari deriva dalla vendita dei vitelli, puparin (vitello scolostrato di poche settimane) o mangiarin (vitello svezzato di alcuni mesi), e dalla caseificazione del latte durante il periodo dell’alpeggio in formaggi tipici molto apprezzati dai consumatori.

 

 

L’azione speculativa

Il settore agricolo, come è ben noto, da ormai diversi decenni è stato oggetto di attenzione della politica agricola comunitaria (PAC) al fine di sostenere i produttori e tutelarne le produzioni in un periodo di gravi difficoltà economiche dovute alla globalizzazione dei mercati che hanno pregiudicato il reddito degli agricoltori, disincentivandone lo sviluppo tanto che il ricambio generazionale è da molti anni una delle maggiori problematiche in agricoltura (secondo alcuni studi effettuati da esperti del settore, il reddito medio di un agricoltore europeo è inferiore a quello medio di un operaio di un’industria non qualificato, seppure il primo abbia un capitale investito non indifferente, sia soggetto a continue crisi e svalutazioni dei prodotti, totalizzi un numero di ore annue di lavoro non riscontrabili in quasi nessun altro mestiere).

I sostegni in agricoltura erano dunque necessari affinché un settore così importante, il “settore primario”, potesse continuare a svilupparsi e garantire tutti i benefici che ne derivano: dall’approvvigionamento di cibo, alla tutela del territorio, dalla biodiversità della vegetazione e delle specie zootecniche, all’assetto idrogeologico e alla conservazione del paesaggio in quanto bene comune della società.

Purtroppo i sostegni in agricoltura sono sempre stati causa di forti speculazioni da parte di chi, indifferente dei benefici dell’attività agricola, aveva come unico obiettivo quello di intascare soldi pubblici e per far questo era disposto ad utilizzare qualsiasi mezzo.

Inizialmente i sostegni venivano distribuiti secondo una logica di pagamento “accoppiato”, cioè “tanto produci, tanto ricevi”, per cui i premi si ricevevano in base al numero di vitelli nati, ai litri di latte munti o agli ettari di mais coltivati durante l’anno.

Con la riforma della PAC del 2005, vi fu il passaggio dai pagamenti accoppiati al “premio unico disaccoppiato”, basato su una media ponderata dei pagamenti degli anni precedenti all’entrata in vigore dei così detti “titoli” storicizzati, basato su un valore di premio “ad ettaro”: in pratica la somma dei pagamenti ricevuti negli anni precedenti venne “spalmata” sugli ettari di terreno in possesso dell’agricoltore formando i nuovi “titoli” della sua azienda.   Ogni titolo può avere un valore diverso in base alla sua formazione, vi saranno quindi titoli derivanti dai premi per la produzione del mais, dalla zootecnia o dalla coltivazione del tabacco, ecc… il cui importo può variare da poche decine di euro a migliaia di euro.  Inoltre i titoli possono essere trasferiti da un’azienda all’altra attraverso la compravendita dei titoli.

A questo punto nasce la speculazione sulle grandi superfici agricole: lo speculatore, acquistando titoli di alto valore (anche superiori ai 1000 €/ettaro), ricerca delle vaste aree sui cui “appoggiare” il titolo e richiederne il pagamento. Quale opportunità migliore se non gli alpeggi costituiti da centinaia di ettari di pascolo? Partecipando alle gare di affitto dei terreni comunali , gli speculatori fanno lievitare i canoni di affitto annuali da circa 20-30 €/ettaro fino a 200-300 €/ettaro: cifre improponibili per i “veri margari” possessori solitamente di titoli di basso valore (80-100 €/ettaro). Questi non potendo competere, vengono cacciati dagli alpeggi in cui hanno svolto la loro attività da moltissimi anni, spesso da generazioni.

L’unico vincolo che ha lo speculatore, per poter accedere ai fondi europei sui pascoli magri di alta quota (alpeggi), è quello di dimostrare l’effettivo pascolamento di animali sul terreno in domanda, ma non è necessaria la proprietà degli animali da parte di chi richiede il premio. Quindi gli speculatori subaffittano il pascolo a terzi (margari senza alpeggio in seguito al meccanismo della speculazione) e ricevono il contributo: questa azione viene definita “pascolamento conto terzi” o “pascolo terzi”.

In seguito alla sollecitazione del problema da parte di alcune associazioni di tutela dei margari, una circolare Agea (Agenzia per le erogazioni in agricoltura) dell'11 ottobre 2013, ha stabilito che, a partire dalla Domanda Unica presentata per la campagna 2014, vi è l'impossibilità del pascolamento da parte di terzi ai fini dell'ammissibilità delle superfici dichiarate a pascolo magro (alpeggi), creando notevoli difficoltà per gli speculatori. Una recente sentenza del TAR del Lazio ha confermato il divieto del pascolo terzi.

Fine della speculazione? Assolutamente no. La soluzione è la creazione di società fittizie in cui lo speculatore è possessore dei titoli, mentre gli animali sono di proprietà di margari, rimasti senza alpeggio, che accontentandosi di poter pascolare l’alpeggio, non solo rinunciano ai propri premi comunitari ma addirittura garantiscono ai possessori dei “titoli” di incassare i fondi UE: insomma, il margaro all’interno della società ha il compito di effettuare il pascolo con i propri animali in modo da rispettare i vincoli comunitari per la fruizione dei premi senza intascare un euro di contributo, mentre lo speculatore, possessore dei titoli, riceve il premio in modo totalmente legittimo senza neppur possedere un animale.

Questa non è l’unica alternativa, ci sono infatti casi in cui lo speculatore ha preferito acquistare direttamente gli animali da monticare in alpeggio. Si tratta di un grande investimento che permette però al possessore di titoli di avere tutte le “carte in regola” e potersi presentare alla pari di un normale allevatore che pratica l’alpeggio. I soldi per acquistare una mandria di bovini o un gregge di ovini sicuramente non mancano, le ingenti somme ricevute dai “premi PAC” sono sufficienti a garantire l’investimento oltre a sostenere i costi della manodopera e delle infrastrutture per la gestione degli animali.

Sugli alpeggi piemontesi dunque troviamo al giorno d’oggi due figure ben distinte: i margari storici, la cui attività principale è l’allevamento del bestiame, e gli speculatori ai quali la pratica zootecnica rimane semplicemente un vincolo per intascare i fondi comunitari. L’obiettivo della PAC, di sostegno all’attività agricola nella sua azione di difesa dell’ambiente e del paesaggio, non solo non viene realizzato ma addirittura vengono finanziati coloro che, attraverso la speculazione, stanno danneggiando i veri agricoltori. Ormai in quasi tutte le vallate piemontesi, o addirittura in quasi tutti i comuni in cui sono presenti degli alpeggi, ci sono delle situazioni speculative, per cui i canoni di affitto dei pascoli negli ultimi anni sono lievitati moltissimo, in molti casi addirittura del 500%, e soprattutto numerosi margari hanno perso il loro alpeggio che è finito nelle mani degli speculatori. La compravendita dei titoli ha fatto si che vi siano aziende che sulle medesime superfici, ad esempio un alpeggio di 200 ettari, percepiscano 20 mila euro di premio (100 euro/ettaro), altre 100 mila euro (500 euro/ettaro). È facile dunque comprendere come questo sistema, così libero e malamente regolamentato, abbia dato la possibilità a molte persone di intascare soldi pubblici in maniera apparentemente legale.

Le soluzioni al problema

L’Adialpi, associazione nata nel 2012 per la difesa degli alpeggi, da tempo cerca di proporre delle modifiche efficaci che eliminino una volta per tutte le speculazioni sugli alpeggi. L’obiettivo deve essere quello di disincentivare queste aziende di “falsi margari” a ricercare le superfici  di montagna attraverso l’introduzione di nuovi regolamenti.  È inaccettabile che non si riesca a porre un freno a questa “truffa legalizzata”: le soluzioni ci sono, serve solamente che le istituzioni considerino maggiormente le associazioni di categoria formate da persone che conoscono bene il settore e le problematiche di questo lavoro: l’Adialpi è formata da soli margari che da sempre salgono sugli alpeggi e sanno cosa è più utille o cosa è dannoso per la loro attività.

Le soluzioni al problema delle speculazioni sugli alpeggi possono essere riassunte in 4 punti:

  1. Introdurre una soglia massima al valore del titolo sugli ettari in zona montana (oltre i 600 m. s.l.m.).

    Il valore del titolo sui terreni dell’alpeggio non potrà avere un valore superiore alla media dei titoli nazionali (circa 300 euro/ettaro) in modo che ci sia una leale concorrenza tra i veri margari e gli speculatori durante la partecipazione alle aste per l’affitto degli alpeggi.

    Se un alpeggio di 200 ettari, potesse generare “al massimo” un premio totale di 60 mila euro (cifra già molto alta e non penalizzante per i veri alpeggiatori) si limiterebbe la capacità da parte dello speculatore di “attrezzarsi” per raggirare il regolamento: in pratica sarebbe sconveniente acquistare gli animali solamente per dimostrare il pascolo e di conseguenza, non essendoci un guadagno, rinuncerebbe ad affittare il terreno.

     

  2. Tutti i componenti delle società agricole devono possedere le qualità necessarie affinché vengano rispettati i requisiti per poter partecipare ai bandi di gara per l’affitto dell’alpeggio (ad esempio la residenza nel comune ove richiesta) e per poter accedere ai premi comunitari (come nel caso della proprietà degli animali.

    Con questa regola si vuole evitare che in una società in cui compaiono 10 diversi soci, uno soddisfi le esigenze dei regolamenti, residenza nel comune e proprietà degli animali che praticano il pascolo, mentre tutti gli altri non hanno alcun requisito ma, poiché fanno parte della stessa società, possono ricevere i finanziamenti comunitari.

     

  3. Richiedere ai Comuni di montagna una maggiore collaborazione nell’interesse comune di tutelare l’ambiente e l’attività agricola.

    Occorre inserire nei regolamenti per l’assegnazione dei pascoli delle graduatorie che privilegino i residenti ed i margari storici degli alpeggi. In questo modo chi partecipa alle aste pubbliche solamente per scopi speculativi verrà penalizzato.

    Un altro provvedimento utile è la richiesta all’alpeggiatore di attuare sull’alpeggio un sistema pascolivo estensivo gestito con il Piano Pastorale Aziendale* che permette un utilizzo del pascolo in modo razionale e utile alla vegetazione, oltre ad imporre dei vincoli al margaro in termini di carico dell’alpeggio e giorni di permanenza in alpe: insomma se qualcuno vuole fare dell’alpeggio un’attività speculativa, deve comunque recare dei benefici al pascolo e all’ambiente.

    *(Misura 214.6.2 del Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013 della Regione Piemonte)

          

          4. Intensificare i controlli, sia sull’effettivo pascolo delle superfici richieste a premio,  sia sull’effettiva titolarità dei capi presenti in alpe, onde evitare che il trasferimento di proprietà degli animali sia solamente un meccanismo per raggirare le regole “sulla carta” mentre la realtà sia tutt’altra cosa.

 

Oltre a queste proposte si richiede una maggiore partecipazione ai “tavoli di lavoro” sulle riforme delle politiche agricole in modo che l’esperienza della categoria possa essere un’utile fonte di consiglio per i nuovi regolamenti in materia di montagna e di agricoltura.

L’alpicoltura è una risorsa da salvaguardare in quanto bene comune e utile per tutta la società.

La politica ha il dovere di agire, apportando delle modifiche alle normative regionali, nazionali e comunitarie in modo che vengano tutelati i veri agricoltori, in questo caso quelle centinaia di famiglie di margari piemontesi che ancora credono in un lavoro difficile, impegnativo ma sicuramente ricco di passione.

 

Nella speranza che questo documento possa servire a migliorare la triste situazione a cui dobbiamo assistere, ringrazio per l’attenzione e auguro a tutti un buon lavoro.

 

Crissolo, 19 giugno 2015

 

                                                                                                                                                       

Il Presidente ADIALPI

                                                                                                                                                         Giovanni Dalmasso


Video: