IL LUPO NON È PIÙ SOLO UN PROBLEMA DEI PASTORI

“Cani predati nei cortili delle case, cervi sbranati in centro paese, branchi di numerosi lupi avvistati anche in bassa valle e addirittura in pianura. A quanto pare il lupo non è solo più un problema che riguarda la pastorizia e i pascoli di alta montagna ma sempre più si sta avvicinando alle borgate, alle case abitate e inizia a far paura anche a chi vive in pianura.” Così Giovanni Dalmasso, Presidente dell’Adialpi,  commenta gli ultimi episodi che si sono verificati in Valle Po. “Il lupo diventerà un problema serio per tutti quanti, non solo per gli animali domestici: il rischio di incontrarlo e persino essere aggrediti è sempre più alto anche per l’uomo. Testimonianze storiche dimostrano che nei secoli scorsi, quando il numero dei lupi era superiore a quello attuale, si verificarono numerosi attacchi all’uomo anche mortali soprattutto a danno dei bambini. Prima di arrivare nuovamente a queste situazioni occorre agire fin da subito attuando programmi di contenimento sulla popolazione del lupo.”

A livello europeo lo sta facendo ad esempio la vicina Francia con prelievi stabiliti di anno in anno in base alla crescita della popolazione del predatore. A livello nazionale alcune Regioni e Province Autonome si stanno muovendo in questa direzione dalla Valle d’Aosta alle province di Trento e Bolzano, in cui sono già state approvate “misure di prevenzione e di intervento concernenti i grandi carnivori” come il lupo e l’orso, oltre a prese di posizione da parte di numerosi assessori, consiglieri e politici di diverse regioni italiane.

“Il Piemonte deve deliberare il prima possibile delle misure sul contenimento del lupo, noi dell’Adialpi lo abbiamo chiesto durante l’audizione della V commissione Ambiente del Consiglio Regionale del Piemonte lo scorso 11 febbraio e abbiamo chiesto un incontro con l’assessore regionale Fabio Carosso per rimarcare la nostra posizione. È indispensabile che la Regione si renda protagonista di questa problematica ormai evidentemente sfuggita di mano ai Parchi incaricati di seguire i progetti riguardanti il lupo: servono reali dati sui numeri della popolazione del predatore nella nostra regione in quanto quelli attualmente ufficiali sono palesemente sottostimati, è indispensabile ottenere una deroga alla direttiva Habitat e alla convenzione di Berna che inserisce il lupo tra le specie strettamente protette in modo da poter attuare dei piani di contenimento sulla sua popolazione, la gestione delle aree alpine non deve essere lasciata in mano ai Parchi che impongono limitazioni e regole sugli alpeggi senza logica ed eccessivamente penalizzanti per i pastori con il rischio di vedere abbandonati i pascoli con danni sull’ambiente e l’assetto idrogeologico oltre alla perdita di prodotti d’eccellenza tipici delle Alpi Piemontesi. Emblematico è il caso delle “aree indicate per la riproduzione della specie Canis Lupis” all’interno di particolari SIC (sito di interesse comunitario).”

 

“È assurdo – conclude Dalmasso – che si vogliano inserire delle limitazioni alle attività pastorali in determinate aree degli alpeggi per favorire la riproduzione del lupo quando è evidente che il lupo si sta riproducendo ed espandendo a livelli fin già troppi alti. Semmai dovremmo cercare di limitarne l’aumento della sua popolazione visti gli enormi danni che sta causando e i rischi che avremo a breve con il suo avvicinarsi alle zone abitate e al fondo valle. Questo è l’esempio di quanto i Parchi siano distanti dalla realtà agricola e dallo stesso territorio che essi vorrebbero gestire: le decisioni vengono prese senza ascoltare il parere di chi vive e lavora in montagna, le scelte non sono condivise con le associazioni e i rappresentanti locali, la poca trasparenza di questi Enti ci fa capire che loro non sono dalla nostra parte ma molto più probabilmente sono più interessati ai tanti milioni di euro che il lupo sta portando nelle loro casse.” 

 

ADIALPI 21 febbraio 2021

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